Il 6 ottobre di ogni anno, a cominciare dal quel maledetto 2020, ricorre l’anniversario della scomparsa di Edward Van Halen, colui che va considerato, con tutta probabilità, il chitarrista più influente di tutta la storia dello strumento chitarra. Un’affermazione decisamente impegnativa, ne sono consapevole, ma Van Halen, non lo si può negare, switcha il linguaggio chitarristico conosciuto fino a quel punto della linea spazio-tempo (per dirla alla maniera di Doc Emmet Brown, l’amato scienziato pazzo di “Ritorno Al Futuro”) in una nuova e mai più ‘tramontabile’ forma espressiva musicale.
Lo stile di Van Halen: carattere da ‘game changer‘
Un nuovo e stucchevole stile, fatto di accordi liquidi, ritmiche da fiato sospeso, armonie geniali e solismi iperveloci al sapor di legato, tapping e plettrata assassina. Il vero ed unico apripista per tutta l’orda di virtuosi che seguirà. Perciò tutto quello che era stato fatto fino al momento in cui egli si guadagnò le luci della ribalta, vale a dire quel mistico 1978 del primo self-entitled album, in realtà poi cambiò radicalmente. E’ questa la ragione per cui noi docenti di chitarra moderna siamo soliti considerare un periodo pre-vanhalen da uno post-vanhalen. Due ere distinte, dunque, perché tutto quello che accadde dopo l’avvento di Eddie in realtà fu plasmato fortemente sul linguaggio da lui portato in auge. Tutti i suoi ‘figli’, successori ed avventori dei tempi a seguire, adottarono in qualche modo delle misure tecnico-espressive confacenti al neo-stile introdotto. I chitarristi del pre-vanhalen, invece, suonavano in un modo radicalmente diverso, che divenne impolverato e vetusto già agli albori di carriera dell’Olandese Volante.
Perché ascoltarlo, studiarlo, capirlo
Capite bene l’importanza di questo artista che è necessario riscoprire, ascoltare, studiare nei suoi stilemi, nelle sue movenze sonore iper-creative e geniali. Dico sempre che saper suonare correttamente anche solo 4-5 brani di Van Halen equivale a saper suonare in maniera eccelsa la chitarra elettrica. Certo, a completar la storia ci fu il suo geniale alter ego, nonché eterno rivale, il troppo prematuramente scomparso Randy Rhoads, di cui parleremo però più diffusamente in un altro articolo. Ascoltare (e poi suonare) Van Halen è decisamente illuminante: un approccio irrinunciabile per chiunque poiché instilla progressivamente nel cervello e nelle mani dell’aspirante chitarrista i lumi della sapienza. Quando si è scettici su qualcosa bisogna quantomeno sperimentarlo. Fatelo: risultato garantito!
Creativamente Vostro,
Marco “Mark Joyce” Di Matteo