SET-UP: COME NON BUTTAR VIA SOLDI

Per il chitarrista è una storia vecchia come il mondo: con quanti fattori abbiamo a che fare quando è il momento di acquistare la nostra strumentazione? Seguono alcuni importanti consigli che, se seguiti con criterio, ci consentiranno di non buttare via quattrini. A dispetto di chi, invece, ha già messo i suoi occhioni vispi sui nostri soldi!

Regola n°1: l’ampli è il vero cuore del nostro suono

E’ fondamentale ricordare la prima regola. Se cerchiamo di far suonare una chitarra di valore medio-basso (o anche decisamente…pessimo) con un amplificatore di caratura elevata otterremo, comunque, qualcosa di decente. Ma assolutamente non è vero il contrario. Una chitarra eccellente collegata ad un ampli scadente produrrà un risultato sonoro da dimenticare. Quindi? Avete ben capito che il cuore del nostro suono risiede fondamentalmente nel nostro amplificatore. Proseguiamo.

Regola n°2: il suono di un chitarrista è nelle sue dita

Chi affida tutta la sua maestria ad una strumentazione eccezionale sta sopravvalutando la funzione del set-up sulla resa finale del sound del chitarrista. Certo, avere una buona strumentazione è di sicuro una situazione a nostro favore: chitarra + ampli + effetti di pregio certamente ci rendono la vita più facile. Ma credere che una maggiore spesa sarà il nostro solo viatico per suonare alla grande è un errore madornale. Un chitarrista che studia tanto e che riesce a far suonare bene anche un manico di scopa con una fune attaccata è assolutamente da preferire! Non sarà un set-up dai costi stratosferici a salvarci dalle nostre carenze tecniche. Perciò ricordiamoci di studiare e concentriamoci su come risparmiare qualche soldino.

Regola n°3: la scelta della strumentazione deve dire tutto del nostro stile

Quando scegliamo una chitarra, un ampli e degli effetti dobbiamo farlo in funzione di ciò che ci piace suonare e che vorremo imparare. Un vecchio proverbio dice: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Io ne ho inventato uno mio: “Dimmi cosa ascolti e ti dirò come suonerai”. Se il nostro chitarrista preferito di sempre è Jimi Hendrix questo dovrà certamente guidare le nostre scelte. La chitarra, ad esempio, non potrà non essere una ‘stratoide’, cioè una chitarra apparentata con la Fender Stratocaster. Se il nostro stile è più vicino a quello di Mark Knopfler dei Dire Straits si dovrà optare per chitarra e ampli che si accoppino bene soprattutto sui timbri clean, cioè su dei bei puliti caldi, rotondi, espressivi. Ma se il nostro pallino eterno è l’Heavy Metal allora la scelta dovrà cadere, necessariamente, su determinati devices. Continua a leggere.

Regola n°4: che categoria di ampli?

La scelta dell’ampli dovrebbe essere fatta seguendo non troppi criteri, almeno per un principiante che sta leggendo e non sa troppe cose sull’argomento. Perciò semplificare è, a mio avviso, il modo migliore per risparmiare cantonate economiche a chi si appresta ad acquistare. Vi sono tre importanti categorie di ampli che qui descriviamo. A) Amplificatori a transistor. Sono dispositivi con un suono diretto, senza fronzoli, sono ottimi per generi musicali in cui non ci siano troppe pretese timbriche, ma quelli più recenti sono dotati persino di una qualità fino a qualche anno fa impensabile. Ottimi per l’Hard Rock e l’Heavy Metal più intransigenti, un po’ meno per il blues e il funk che richiedono sonorità più calde. Il transistor (il componente elettrico dominante) ha molti pregi (tra cui la ridicola manutenzione) ed un solo grande difetto: la sua risposta elettricamente logaritmica lo rende un dispositivo che toglie molte sfumature espressive alla chitarra. Il chitarrista che non ha pretese eccessive, perché è già uno smanettone a prescindere, renderà splendidamente anche su un buon transistorizzato. Altro indiscutibile pregio? A parità di caratteristiche un ampli a transistor costa esattamente la metà rispetto ad un valvolare. B) Amplificatori a valvole. Le valvole sono decisamente il pallino dei più per il calore del loro suono e perché restituiscono al chitarrista tutta una serie di sfumature timbriche che con il transistor potevamo aver perso. La risposta della valvola, per i più bravi in matematica, è di tipo lineare e non logaritmico. Ciò vuol dire che ad ogni valore scalare della nostra manopola di volume sulla chitarra corrisponderà un diverso colore di suono. Ecco perché i più preferiscono le valvole. Difetti principali: un valvola ci mette un po’ a riscaldarsi e deve raffreddarsi prima di prendere scossoni, il valvolare costa nettamente di più rispetto ad un transistor (il doppio?) e la sua manutenzione è decisamente diversa. Però, dove c’è gusto… C) Amplificatori a mosfet. Il mosfet è un componente elettricamente più simile ad un transistor, mentre la sua risposta ad una sollecitazione elettrica ricorda (con la sufficiente immaginazione!) quella della valvola. Perciò un ampli a mosfet è decisamente un ottimo compromesso, sia per chi vuole spendere di meno, sia per chi desidera prestazioni un po’ più di livello. Unico evidente difetto? il mosfet suona sempre molto medioso. Ciò vuol dire che la sua risposta in frequenza sarà tutta molto switchata verso i mid-range. Beh, poco male se vi piacciono questi tipi di sound. Potreste aver trovato il vostro amplificatore ideale.

Regola n°5: se cerchi un ampli ‘hi-gain’ non potrai acquistare altro

Una vecchia credenza da sfatare è che vi siano dispositivi in grado di sostituire la distorsione nativa di un ampli. E’ vero, oggi esistono dei simulatori digitali di drive/distortion d’ogni tipo e per ogni esigenza. Però cercheremo di restare un tantino fedeli a certe buone tradizioni affermando che la distorsione naturale di un ampli è quanto di più bello ed espressivo si possa cercare e trovare se abbiamo le idee chiare sul nostro suono. Esempio cardine: se vogliamo suonare Hard Rock/Heavy Metal abbiamo assolutamente bisogno di una distorsione ‘hi-gain’ (si dice), cioè uno di quei suoni carichi in armoniche tanto da ricordare il timbro che sempre abbiamo venerato nei dischi dei nostri beniamini e che così tanto facilmente ci consente di evocare i cosiddetti ‘pinch armonics’, elemento espressivo irrinunciabile in un Hard’n’Heavy decisamente moderno. In questo caso specifico (che però riguarda la totalità dei miei allievi…forse perché non studiano Jazz!) è follia pura pensare di cavarsela con un ampli che tira fuori un ‘semi-crunch’ e basta. O il rivenditore non ha capito cosa cercavate, oppure vi siete spiegati decisamente male oppure… le sue scorte di ampli hi-gain erano esaurite e quindi egli vi ha astutamente appioppato un volgarissimo ‘semi-crunch’. Che va bene per il Rockabilly, ma non per suonare i Megadeth o i Pantera. E questa cosa, nel linguaggio giuridico, si chiama… dolo (cioè intenzionalità nel fregarvi). Occhio 😉

Regola n°6: la chitarra deve avere buon legno, buon hardware e buoni pick-ups

Molto semplicemente e per non dilungarci troppo diremo che… una chitarra di legno scadente suona male ed è ‘sorda’ (si dice), cioè non restituisce molte delle frequenze possibili, se il suo hardware (cioè il ponte, le meccaniche, le sue parti elettriche e di liuteria) è scadente avremo in mano uno strumento poco servibile. Infine i pick-ups, cioè i microfoni che ogni chitarra elettrica ha. La loro scelta dipende dal nostro stile. Un esempio su tutti: se ci piace plettrare avremo bisogno di pick-ups che esaltino l’attacco, cioè il suono secco e deciso del plettro sulle corde. Uscire fuori da questi canoni ci darà certamente noie e non ci permetterà di esprimerci al meglio.

Regola n°7: credere che gli effetti ci risolvano la vita è una grande menzogna

Da giovanissimo ero esattamente convinto di questo: compravo delay, phaser, chorus e altre diavolerie per camuffare le mie magagne esecutive. Beh, tutto questo era un vero orrore ed un inutile dispendio di soldi. Gli effetti dovranno servirci da ‘corollario’ al nostro suono. Ma il suono, l’abbiamo visto bene, nasce da una felice accoppiata chitarra-amplificatore e passa inevitabilmente per le nostre dita. Ovvio: in un set-up che si rispetti non possono mancare: delay (fondamentale!!!), chorus, flanger e phaser (assolutamente opzionali, dipendono da chi siamo…chitarristicamente) e, a scelta, un buon booster o un pedale di volume. Questi ultimi serviranno a regolare il volume di solo. Senza di essi è davvero dura spuntarla. Il resto è decisamente opzionale. Se i cablaggi sono buoni e la terra della nostra chitarra è ok non sarà necessario disporre di filtri di rete o soppressori di rumore, diavolerie di cui si può benissimo fare a meno. Ricordate: l’accordatore, che sia inserito nella catena di effetti o che sia di quelli che si pinzano sulla paletta, è assolutamente necessario.

Regola n°7: Risparmiare ci piace, ma risparmiare troppo può essere deleterio

Comunque, a beneficio di chi legge con interesse: oggi ci sono chitarre che costano 5-600€ di straordinario pregio. Perciò non è necessario spendere 2000€ o, ancor peggio, 4000€ per uno strumento degno di questo nome. Chi vi dice il contrario vi butta fuori strada. E’ ovvio che uno strumento molto costoso lo è per motivi innegabili. Ma anche con molto meno si può avere in mano roba niente male 😉

Regola n°8: Un consiglio amico

Per concludere…se il vostro insegnante vi apre gli occhi anche su queste cose non guasta affatto. Oggi siete incappati nel blog post che faceva al caso vostro. Ma nella retta di un insegnante di chitarra dovrebbe essere compreso anche questo tipo di consigli. Non trovate? Abbracci e a rileggerci.

Didatticamente vostro,
Marco “Mark Joyce” Di Matteo

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Marco "Mark Joyce" Di Matteo

Il mio lavoro di insegnante è la realizzazione di quello che fu un mio sogno di adolescente. Desiderai che qualcuno mi insegnasse la musica e la chitarra con passione, con mirabili capacità di trasmettere, con un metodo che arrivasse dritto al cuore e alle aspirazioni. Desiderai che le mie dita volassero leggere su quello strumento ad emozionare le persone. E non c’è gioia più grande del trovarmi, oggi, a donare tutto questo ai miei studenti.

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