Ad ascoltare per la prima volta Matteo Mancuso sia ha la netta sensazione di essere di fronte al nuovo, ennesimo straordinario esecutore, capacissimo di coverizzare qualunque cosa al mondo sia stata suonata con una chitarra. Forte di una tecnica particolarissima ed esclusiva, quella sorta di fingerstyle picking che utilizza le unghie della mano destra come fosse un chitarrista classico, andando a percuotere le corde invece di un’elettrica, spesse volte in distortion non low-gain, il prodigio di sicule origini ci ha abituato all’idea di essere in grado di eseguire anche partiture di matrice Racer X senza problemi di sorta. Ma il nostro si muove in territori più squisitamente jazz-fusion, che gli sono decisamente più congeniali. Vivere da chitarrista in mezzo ad una pletora multi-nazionalità di esecutori strabilianti (ed oggi il mondo ne è davvero pieno, fermo restando che costoro non…scrivono musica degna di tale nome!) mi ha fatto sorgere sull’incipit l’ennesimo dubbio sulle capacità compositive e sulla continuità artistica di questo ragazzo. E invece ogni dubbio è stato fugato in modo schiacciante! “The Journey”, album d’esordio di Matteo Mancuso, è un autentico capolavoro. Un disco che merita tutte le attenzioni della stampa mondiale e degli addetti ai lavori. Già insigni musicisti celebri in tutto il globo, come Steve Vai ed Al Di Meola, hanno incensato il giovane axeman addirittura affibbiandogli l’appellativo…di “colui al quale è affidato il futuro della chitarra”! Mancuso riesce a scrivere della musica eccellente. Straordinaria la sua versatilità nel passare da atmosfere moody ad altre decisamente più shred. La cosa per niente banale, e che a pochissimi riesce, è che Mancuso è abilissimo a cesellare melodie stupende ed efficaci, senza le quali la tecnica strabordante sarebbe perfettamente inutile. Timing perfetto, groove spaziale. Non tutto è in distortion, ci sono diversi episodi clean (ivi comprese le sue dissertazioni al nylon), in particolare la title track, parentesi acustica magicamente sognante, che davvero fa viaggiare la mente, come vuole il titolo. Matteo, coadiuvato da una band straordinaria, si permette digressioni che non hanno niente da invidiare ad icone come Allan Holdsworth, Scott Henderson e Frank Gambale. Mission raggiunta in pieno. Il nostro giovane ed incredibile talento tricolore è riuscito a scrivere della musica che solo i grandissimi sanno confezionare. Indi per cui lo si potrà ritenere un grandissimo a sua volta ed a buona ragione: da inserire nell’olimpo dei più grandi di sempre! Il mio voto 9/10 è dovuto ad un solo fatto: aspetterò gli episodi prossimi futuri per poter decretare con certezza geometrica che i suoi pentagrammi sono pronti per il novero dell’immortalità. Con questa ulteriore certezza (e lui sa già darcene in abbondanza!) è fuori discussione che Matteo Mancuso meriti il più sonoro dei dieci. Alle prossime release e ai posteri la sentenza definitiva. Abbastanza giovane da conquistare il mondo in maniera totale. In bocca al lupo ragazzo e non fermarti davanti a nulla.
Sicilianamente Vostro,
Marco “Mark Joyce” Di Matteo
IL GENIO DI RANDY RHOADS AL SERVIZIO DEL ‘MADMAN’, MR. OZZY OSBOURNE
Abbiamo parlato un sacco di volte dell’importanza di Randy Rhoads, un chitarrista che ha